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Il nome di Max Mariola richiama subito piatti ben eseguiti, ingredienti scelti con cura e quella comunicazione spontanea che lo ha reso uno degli chef più amati del web e della TV italiana. Dopo Roma e Napoli (qui un articolo con l'esperienza di una content creator partenopea), Max ha portato la sua firma anche a Milano, aprendo un nuovo bistrò nel cuore pulsante della città: Corso Garibaldi, a due passi da Brera, dal Castello Sforzesco e dalla fermata della metro Lanza.
Il bistrot non è una copia delle altre sedi e la scelta del nome 'bistrò' lo differenzia dalle trattorie: ha una personalità tutta sua. Lo ha raccontato in un reel Luigi Grammauta, creator e viaggiatore seriale, tornato a parlare di cibo italiano dopo aver attraversato mezzo mondo. Stavolta si è fermato nella capitale meneghina per testare quello che definisce "uno dei locali più curati in cui abbia mangiato di recente".
Atmosfera elegante e dettagli che parlano
Max Mariola non lascia nulla al caso. Lo si capisce già entrando nel bistrot di Milano. Ogni oggetto, dal tovagliolo alle bottiglie d'acqua, porta il marchio dello chef romano. Non c'è nulla di improvvisato. L'atmosfera è rilassata, contemporanea ma con richiami classici, e soprattutto coerente con l’idea di uno spazio che vuole unire la qualità della cucina italiana con un design raffinato ma accessibile. Il locale, rispetto alla più rustica trattoria napoletana di Max Mariola (aperta lo scorso aprile sul lungomare Caracciolo), gioca una partita diversa. Qui c’è voglia di sperimentare, anche nel modo in cui viene servito il cibo. Una sfida ben riuscita, almeno secondo il racconto di Grammauta, che ne esce entusiasta.
I piatti: tra comfort food e creatività
Grammauta ha assaggiato tre portate insieme alla sua compagna, tutte con un comune denominatore: la qualità della materia prima. Si parte con un antipasto sorprendente: patata sfogliata fritta con sopra spalla cotta, fontina e uovo fritto. Una composizione che fonde comfort food e alta cucina, dove ogni strato gioca un ruolo chiave nella resa finale. Costo? 10 euro.

Il secondo piatto arriva direttamente dalla tradizione centro-italiana (sì, perché l'Amatriciana non è propriamente 'romana' di Roma Città, ma tradizionalmente laziale/abruzzese): una Amatriciana “a regola d’arte”. Il piatto non ha dimensioni esagerate, ma il sapore compensa tutto. E soprattutto, il prezzo sorprende: 10 euro, per un primo in pieno centro a Milano, in una delle zone più costose della città. Difficile trovare alternative migliori con lo stesso rapporto qualità-prezzo.
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Terza scelta: la Zingara. Non propriamente un panino, ma due fette di pane tostato, farcite con prosciutto crudo, fiordilatte e insalata. Accompagnano il piatto una porzione di patate fritte, maionese fatta in casa e una piccola ciotola di Kimchi. Il tocco coreano sorprende a primo impatto, ma funziona. Prezzo? 14 euro.
Conto finale e valutazione: Milano batte Roma?
La coppia ha completato il pasto con una bottiglia d'acqua naturale (3 euro) e un caffè (2 euro). Il totale è stato di 39 euro, ovvero meno di 20 euro a testa. E stiamo parlando di una cena in zona Brera, con piatti firmati da uno chef riconoscibile e molto seguito come Max Mariola.
Secondo Grammauta, l'esperienza è stata più che positiva. L’ha definita un'esperienza molto buono da ogni punto di vista: servizio rapido e cortese, ambiente curato, ingredienti di alta qualità e prezzi inaspettatamente contenuti per gli standard milanesi. Paragonando l’esperienza a quella del ristorante romano, il creator sottolinea come Milano offra qualcosa di “diverso ma ugualmente valido”.
