Un melodramma di rinuncia e abbandono è su Rai Play: il talento di Fabrizio Gifuni spicca

Su Rai Play è disponibile un film con Fabrizio Gifuni, una storia che toglie il fiato e appassiona dal primo fino all'ultimo minuto. Scopriamo per quale motivo è un consiglio imperdibile.

Nel catalogo sempre più raffinato di RaiPlay si nasconde una perla del cinema italiano contemporaneo: Dove non ho mai abitato, un film che parla a bassa voce ma colpisce dritto al cuore. Diretto da Paolo Franchi e interpretato da un cast di altissimo livello, su cui spicca l’intensità misurata di Fabrizio Gifuni, il film del 2017 si distingue per la sua capacità di evocare emozioni profonde con uno stile visivo e narrativo elegante, intimo, profondamente introspettivo.

Girato in una Torino algida e sofisticata, la storia si apre con il ritorno in Italia di Francesca, interpretata da Emmanuelle Devos, donna matura e posata, figlia di Manfredi (Giulio Brogi), architetto di grande fama nella città sabauda. Francesca vive da anni a Parigi, dove ha costruito una vita apparentemente tranquilla con marito e figlia, ma il richiamo della sua terra d’origine diventa ineludibile quando il padre subisce un incidente domestico. Sarà proprio questa fragilità paterna a riportarla nei luoghi della sua giovinezza e a farle incrociare il cammino con Massimo, interpretato da Gifuni, collaboratore storico di Manfredi, da lui considerato il proprio erede professionale e spirituale.

Rai Play, Dove non ho mai abitato: il film da scegliere per una serata intensa

Quello che potrebbe sembrare l’inizio di un classico triangolo narrativo, si trasforma invece in un ritratto delicato e malinconico dell’animo umano, dove le architetture interiori dei personaggi rispecchiano quelle materiali su cui lavorano. Massimo e Francesca si trovano a collaborare alla ristrutturazione di una villa: un progetto semplice all’apparenza, ma che si rivela il pretesto per scardinare equilibri esistenziali e svelare emozioni a lungo represse.

Il vero cuore del film è il rapporto tra Massimo e Francesca, due anime simili eppure incapaci di riconoscersi fino in fondo. La loro è una danza fatta di sguardi, esitazioni, sospiri trattenuti. Non ci sono grandi dichiarazioni, né colpi di scena, ma una sottile e costante tensione emotiva che si insinua tra le pieghe del quotidiano. La passione che li lega non esplode mai davvero, ma si manifesta nella forma più struggente della rinuncia consapevole: quella che nasce quando si comprende che l’amore, pur essendo reale, non basta a smontare le fondamenta di vite già costruite altrove.

Rai Play, Dove non ho mai abitato
Rai Play, Dove non ho mai abitato

Fabrizio Gifuni offre una delle sue interpretazioni più toccanti, dando corpo e voce a un uomo bloccato, che ha fatto della sua professione una corazza e del silenzio il suo rifugio. Il suo Massimo è un personaggio complesso, tormentato, che nel corso del film si lascia gradualmente scoprire, rivelando un desiderio profondo di essere altrove, in un’esistenza più autentica, meno segnata da doveri e aspettative.

Il film ha ricevuto tre candidature ai Nastri d’Argento e ha conquistato un Ciak d’Oro, a conferma della sua qualità artistica. Eppure, è rimasto un po’ in sordina nella distribuzione cinematografica, forse perché non si presta a facili classificazioni. È un’opera che richiede tempo, attenzione, disponibilità all’ascolto, come una sinfonia lenta che va seguita fino all’ultima nota.

Il talento di Gifuni: misura e profondità

Il film si regge in buona parte sulle spalle di Gifuni, uno degli attori più raffinati del cinema italiano contemporaneo. Con pochi gesti e uno sguardo penetrante, riesce a trasmettere tutta la solitudine e il disagio esistenziale del suo personaggio. La sua interpretazione è fatta di pause, esitazioni, sguardi sfuggenti. Non c’è nulla di spettacolare in quello che fa, eppure ogni scena in cui appare è carica di significato.  In un’epoca in cui il cinema sembra puntare sempre più su effetti forti e ritmi incalzanti, Dove non ho mai abitato è un’opera controcorrente, un invito alla riflessione, alla lentezza, al silenzio. È un film che ci ricorda quanto sia difficile e coraggioso abitare davvero la propria vita, e quanto spesso, per paura o convenienza, si finisca col viverne una costruita su misura per qualcun altro.

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