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Un video pubblicato dal profilo TikTok @ilviaggioservito ha destato un certo interesse tra gli amanti delle differenze culturali. La clip, diventata virale in poche ore, mostra una scena di vita quotidiana in Giappone che per molti risulta quasi utopica: ristoranti trasparenti, piatti fedeli alle immagini in vetrina e un rapporto di fiducia tra cliente e gestore che, in Italia, secondo molti, resta un sogno lontano.
Menu esposti e piatti identici alle foto: così i ristoranti giapponesi conquistano i turisti
Nel video, la coppia italiana dietro al profilo @ilviaggioservito si ferma davanti a un ristorante di Tokyo. Come in moltissimi altri locali nipponici, anche lì si trovano in vetrina due elementi chiave: il menu completo con i prezzi e delle repliche iperrealistiche dei piatti offerti, fatte in plastica o ceramica. Uramaki, riso al curry, tonkatsu (la versione giapponese della nostra cotoletta): tutto è mostrato con una precisione quasi maniacale. I due decidono di entrare e ordinano proprio i piatti visti all’esterno. Quando arrivano in tavola, la sorpresa è totale. I piatti sono identici alle riproduzioni viste pochi minuti prima.
“Molto più onesti rispetto all’Italia”, scrive l’utente con il commento più apprezzato sotto al video. E i like fioccano. In Italia, osservano in molti, spesso le foto sul menu sono assenti o fuorvianti. Può capitare che un panino preparato da una catena di fast food venga pubblicizzato mettendo in evidenza carne succosa, ripieni generosi e salse ovunque; una volta ordinato, poi, ci si accorge che è poco soddisfacente. In Giappone, succede l’esatto contrario: quello che vedi è davvero quello che ottieni.
Le leggi giapponesi: niente pubblicità ingannevole nel settore alimentare
Questa sorprendente precisione non è solo frutto di cultura o educazione: in Giappone c’è una normativa precisa. La Food Sanitation Act, introdotta nel 1947 e aggiornata in modo sostanziale nel 2020, impone regole molto chiare sull’etichettatura e sulla rappresentazione visiva degli alimenti. Le immagini sui prodotti confezionati devono rispecchiare con fedeltà la forma, le dimensioni e l’aspetto reale del contenuto. Nessuna esagerazione concessa.

Se una confezione mostra un dolce ripieno di cioccolato fuso, allora quel dolce, all’apertura, deve effettivamente contenere esattamente quella quantità di cioccolato, con quella consistenza. Se si tratta di succo di frutta, solo i prodotti al 100% possono mostrare immagini di frutta reale; in caso contrario, si devono utilizzare disegni o immagini stilizzate. Il tutto per evitare inganni e tutelare il consumatore.
Perché il Giappone pretende trasparenza assoluta nei ristoranti e nei supermercati
Secondo quanto indicato dal Ministero della Salute giapponese, l’obiettivo principale di queste regole è costruire un rapporto di fiducia tra produttore e consumatore. In un Paese dove la reputazione vale più della pubblicità, la trasparenza diventa un pilastro. Non a caso, chi sgarra rischia multe salate e danni di immagine irreparabili.
La normativa obbliga le aziende a segnalare in etichetta anche ingredienti, allergeni, paese d’origine e data di scadenza, rendendo quasi impossibile una vendita opaca o approssimativa. E questa cultura della trasparenza si riflette anche nei ristoranti, dove le riproduzioni realistiche dei piatti aiutano i clienti a scegliere in modo informato, senza imbarazzi e soprattutto senza sorprese una volta serviti a tavola.
Nel Bel Paese, la situazione è molto diversa. In molti ristoranti italiani non esiste l’abitudine di esporre il menu all’esterno, figuriamoci delle riproduzioni realistiche dei piatti. Le foto, se presenti, sono spesso poco curate o generiche. In certi casi, vengono scattate anni prima o prese da banche immagini. E così il cliente, attirato da un’immagine succulenta, finisce per trovarsi nel piatto qualcosa di molto meno invitante.
