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Salvador Cabañas, nato ad Asunción il 5 agosto 1980, è stato uno dei calciatori più forti del Paraguay. Due volte capocannoniere della Copa Libertadores, con un passato brillante tra i club sudamericani e messicani, è stato dato per "vicinissimo" al Manchester United. Ma tutto è cambiato in una notte del 2010, quando un proiettile gli ha cambiato per sempre la vita.
La notte che ha distrutto una carriera
Nel 2010, Cabañas è l’attaccante di punta del Club América, una delle squadre più titolate del Messico. Segna gol in serie, tanto da attirare l’attenzione di Sir Alex Ferguson. Il Manchester United avrebbe presentato un’offerta ufficiale, ma il club messicano avrebbe deciso di trattenerlo. Sebbene non ci sia una prova dell'offerta del club inglese, di sicuro c'è che il calciatore ha ottenuto un rinnovo con il doppio dello stipendio e due appartamenti in regalo. In quel periodo, però, l’América attraversa un momento difficile in campionato. Salvador smette di segnare per alcune partite e inizia a essere bersaglio di critiche. Una sera, esce con la moglie e si ferma in un locale. Va in bagno e lì incrocia José Jorge Balderas Garza, detto “El JJ”, narcotrafficante noto e tifoso del club. “Stai rubando soldi all’America”, gli dice. Poi tira fuori una pistola e gli spara alla testa.

Salvador viene operato d’urgenza. I medici gli salvano la vita, ma non riescono a rimuovere il proiettile: troppo pericoloso. Resta in coma per giorni. Quando si risveglia, scopre che l’América ha rescisso unilateralmente il contratto, considerato l’accaduto estraneo al contesto sportivo. La vita che conosceva è sparita. Nel caos post-ricovero, la moglie e il manager lo convincono a firmare alcuni documenti “per la gestione del patrimonio”. In realtà, lo spogliano di tutti i beni. La moglie ottiene il divorzio e l’affidamento del figlio. Si prende anche la villa da cinque milioni di dollari. Il manager scompare. Salvador resta solo, senza casa e senza denaro.
La lenta ripartenza tra riabilitazione e ritorno in campo
Con un proiettile ancora in testa, Salvador non si arrende. Comincia un lungo percorso di riabilitazione e riesce addirittura a tornare in campo. Nel 2011 gioca un’amichevole tra il Paraguay e il Club América allo stadio Azteca. Un anno dopo, viene tesserato dal 12 de Octubre, la squadra del suo quartiere. Ma non è più lo stesso: l’occhio sinistro ha perso gran parte della vista, una gamba è indebolita, i riflessi non sono più quelli di una volta. Capisce che il sogno è finito. Ma decide comunque di restare vicino al calcio e alla sua gente.
Dalla Champions delle Americhe alla panetteria di famiglia
Salvador torna ad Asunción, dai genitori. La famiglia possiede un piccolo forno artigianale. Cabañas comincia ad aiutare consegnando il pane per le strade del quartiere. Non lo fa per soldi, ma per dare una mano. È lì, tra i vicoli della sua città, che ritrova la pace e l’affetto della gente. “Non sono un panettiere, ma do una mano quando posso”, ha raccontato in un’intervista al canale paraguaiano Telefuturo. L’immagine di Cabañas con il sacchetto del pane ha fatto il giro dei social. In tanti pensano che sia caduto in disgrazia. Ma lui spiega che quella semplicità è il suo nuovo orgoglio. Aiuta la sua famiglia, vive con dignità e continua a ispirare con il suo esempio.
Una storia di fede, perdono e forza
Nonostante tutto, Salvador non porta rancore. Ha perdonato l’uomo che gli ha sparato e coloro che l’hanno tradito. Ha parlato più volte del ruolo della fede nel suo percorso di rinascita. “Dio mi ha dato una seconda possibilità”, ha detto. E ha scelto di viverla nel modo più semplice: aiutando chi ama, sorridendo a chi lo riconosce per strada, restando grato anche senza la fama e i milioni.
Oggi Cabañas non è più una star del calcio, ma è un simbolo umano. Un uomo che ha perso tutto e ha scelto di rimettersi in piedi, senza rancore e senza pretese. E forse proprio per questo è diventato qualcosa di più grande di un campione: un esempio.
Fonte principale: ricostruzione a partire dal racconto pubblicato sulla pagina Facebook "Calcio Totale", verificata con fonti giornalistiche paraguaiane e messicane, tra cui ABC Color e El Universal.