Il borgo di Pinocchio in Lazio: luogo pittoresco lontano dal turismo di massa

Farnese in Lazio è una vera oasi di storia, pace e natura da visitare anche in estate: una vera rivelazione.

C'è un luogo nel cuore della Tuscia viterbese che sembra sospeso nel tempo, lontano dai riflettori del turismo di massa e avvolto da un'aura di mistero e fascino: Farnese, il cosiddetto borgo di Pinocchio. Un soprannome curioso, che affonda le radici in un legame poetico con l'immaginario di generazioni cresciute tra le pagine di Collodi e le immagini dello sceneggiato cult di Luigi Comencini. Ma Farnese è molto più di un set cinematografico: è un microcosmo di autenticità, dove la storia millenaria si intreccia con la natura selvaggia e una bellezza architettonica intatta.

Sulle orme del burattino più celebre del mondo

Nel 1972, il regista Luigi Comencini scelse questo borgo medievale per dare corpo e anima alla sua trasposizione televisiva de Le avventure di Pinocchio. Non fu una decisione casuale: Farnese offriva, e offre ancora, un contesto visivo di straordinaria forza evocativa. Le sue case in pietra, i vicoli stretti, i portali in peperino, le piazzette raccolte e silenziose, tutto contribuiva e contribuisce a costruire un'atmosfera senza tempo, ideale per raccontare una fiaba. È qui, tra queste mura e tra le campagne che lambiscono il centro storico, che si snodano alcune delle scene più memorabili della serie, a partire da quelle iniziali in cui Geppetto scolpisce il suo burattino.

Il legame con Pinocchio è diventato col tempo parte dell'identità del borgo, ma non ne ha mai snaturato l’essenza. Farnese non è diventato un “parco tematico”: è rimasto fedele a sé stesso, e proprio per questo incanta chi lo scopre, magari per caso, e se ne innamora al primo sguardo.

Lazio
Il borgo di Farnese in Lazio da visitare. Fonte: Instagram

Un borgo sospeso tra civiltà perdute e rocche rinascimentali

Farnese si erge su una rupe di tufo, protetta da boschi di querce, le farnie, da cui prende il nome. Il paesaggio è quello, struggente, della Tuscia segreta, in bilico tra Lazio e Toscana, dove l’aria profuma di muschio, legna arsa e antiche leggende. Le origini del borgo si perdono nei secoli: testimonianze etrusche, romane e longobarde affiorano un po’ ovunque, nei reperti conservati con cura, nei racconti tramandati di generazione in generazione.

Ma è il Medioevo, e poi il Rinascimento, ad aver lasciato le impronte più forti. La Rocca Farnese, con le sue strutture possenti e la posizione dominante, racconta il potere dell’omonima famiglia, che da queste terre partì per intrecciarsi alla grande storia d’Italia. Le chiese, come Santa Maria della Neve o il Santissimo Salvatore, custodiscono affreschi, sculture e altari che parlano di un culto profondo, popolare, intriso di simbologie antiche. Non mancano le curiosità archeologiche: i cosiddetti "pozzi a butto", profondi silos scavati nel tufo e utilizzati per secoli come depositi e poi come discariche, oggi rappresentano un’inaspettata miniera di oggetti quotidiani, strumenti, ceramiche e frammenti di vita che oggi rivivono nel suggestivo Museo Civico “Ferrante Rittatore Vonwiller”.

Chi arriva a Farnese lo fa spesso per caso, o per intuizione. Non ci sono folle, non ci sono itinerari preconfezionati. C’è però la Selva del Lamone, un bosco selvaggio e misterioso, percorso da sentieri che si insinuano tra le rocce laviche e i ruderi dimenticati, tra querce secolari e una fauna discreta. È il luogo ideale per chi cerca una dimensione lenta, fatta di cammini, panorami, soste inaspettate. E poi ci sono i tramonti, che tingono di rosso i tetti in pietra e il cielo sopra la rupe. E le notti stellate, silenziose, lontane anni luce dal rumore della città.

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