Preferisci inviare messaggi vocali piuttosto che telefonare? Ecco cosa dice di te, secondo la psicologia

WhatsApp, Telegram, Messenger e simili hanno rivoluzionato il modo in cui comunichiamo. E, diciamolo chiaramente, hanno fatto sì che le persone si aspettino che siamo disponibili quasi 24 ore su 24, a differenza di quando avevamo solo il telefono di casa. Da quando le note vocali sono diventate parte integrante delle nostre giornate, le telefonate tradizionali sono diminuite. Parlate con un ragazzo o una ragazza dai 14 ai 20 anni: molti diranno che "provano ansia" quando sullo smartphone vedono arrivare una chiamata. Non si tratta solo di un cambiamento tecnologico: secondo diversi psicologi e psichiatri, dietro questa scelta si nascondono dinamiche emotive ben precise.

Preferire gli audio ai messaggi di testo o alle chiamate può raccontare molto della nostra personalità, del nostro bisogno di controllo e anche del nostro modo di gestire l'intimità con gli altri. Lo confermano le analisi condotte da esperti come José Abadi, psichiatra e psicoanalista, e Flavio Calvo, docente universitario e psicologo.

Perché sempre più persone evitano le chiamate

Una chiamata viene ormai percepita come una violazione dello spazio personale, sia dai giovanissimi che da una percentuale alta dei Millennials. Chi telefona rischia di interrompere, invadere, forzare un’interazione. Le note vocali, al contrario, vengono vissute come una forma di rispetto: il destinatario può ascoltarle quando ha tempo e senza fretta.

Secondo il dott. Abadi, però, questa è solo la superficie. “Le persone non scelgono gli audio per rispetto verso l’altro. Lo fanno per sentirsi più accettati, per avere la garanzia che il loro messaggio venga ricevuto e ascoltato. È un bisogno di sicurezza emotiva”, ha spiegato in un’intervista a Infobae.

Il messaggio vocale trasmette quella 'vicinanza' della telefonata perché si sente la voce, ma è meno invasivo perché il destinatario può ascoltarlo e rispondere quando ritiene
Il messaggio vocale trasmette quella 'vicinanza' della telefonata perché si sente la voce, ma è meno invasivo perché il destinatario può ascoltarlo e rispondere quando ritiene

Una nota vocale simula l’intimità, ma mantiene una distanza. Sembra spontanea, ma offre protezione. Si può ascoltare, riascoltare, cancellare, registrare di nuovo. Si può modellare la voce, scegliere cosa dire e come dirlo. È comunicazione, sì, ma filtrata e controllata.

I vantaggi psicologici degli audio secondo la ricerca

La psicologia della comunicazione spiega che le note vocali soddisfano tre bisogni profondi:

  • Controllo: chi registra un audio sceglie tempi, toni, parole. Ha in mano tutta la scena. Può cancellare, correggere, editare. Tutto questo non è possibile con una chiamata, dove la conversazione è immediata e imprevedibile.
  • Autonomia nel parlare: molte persone evitano le telefonate perché temono di essere interrotte o di non riuscire a esprimersi. Gli audio offrono lo spazio per completare un pensiero senza interferenze.
  • Controllo emotivo: in una telefonata, il tono della voce tradisce emozioni. In un audio, invece, si può scegliere con cura che emozione trasmettere, persino fingere. Anna Flores, esperta in programmazione neurolinguistica, sostiene che questo rappresenti una forma di egocentrismo: la persona che invia un audio si concentra solo su ciò che vuole dire, nel modo in cui vuole essere percepita.

Gli audio come specchio della società individualista

“Parlare da soli senza interruzioni, riascoltarsi, scegliere il momento in cui inviare: tutto questo racconta un desiderio crescente di individualismo, ha spiegato ancora Flores. In effetti, l’audio permette di essere protagonisti assoluti della conversazione, anche quando si tratta solo di dire “ci vediamo dopo”. Le chiamate implicano empatia, capacità di ascolto, tempo condiviso. Gli audio, invece, rendono tutto più veloce, più comodo, più “a misura di sé”. Questo spiega perché sono così popolari tra le nuove generazioni, ma anche perché alcune persone ne abusano fino a sostituire quasi del tutto qualsiasi altro tipo di contatto.

Se da un lato sembrano un modo più “umano” di comunicare rispetto al testo, dall’altro le note vocali possono rappresentare una distanza emotiva. Non si rischia il confronto diretto, non si deve rispondere subito, non si affronta l’imprevisto della conversazione in tempo reale. Per Abadi, questo meccanismo riduce l’intimità e trasforma la comunicazione in una performance individuale. Un messaggio vocale può sembrare caldo, ma spesso è frutto di un copione studiato. E questo cambia il modo in cui costruiamo i legami, anche nei rapporti più stretti.

Quindi, audio sì o audio no? Non è questione di demonizzare le note vocali. Anzi, in molti casi sono utili, pratiche e persino piacevoli. Ma è importante capire cosa rivelano del nostro modo di relazionarci. Se usiamo gli audio per evitare il confronto, per non essere interrotti o per manipolare l’immagine che diamo di noi, allora forse è il caso di riflettere su ciò che stiamo cercando di evitare. Per qualcuno, il solo squillo del telefono genera ansia. Per altri, è un gesto di premura. In ogni caso, le nostre scelte comunicative parlano forte e chiaro. E non sempre ciò che sembra comodo è anche sano o autentico.

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