Italiano viene morso da un serpente in Nepal e racconta tutto: "Sono stato fortunato"

Valentino Cesino, content creator italiano e viaggiatore instancabile, ha raccontato una delle esperienze più assurde – e pericolose – della sua vita: è stato morso da un serpente in Nepal, durante un soggiorno in una struttura a 4.000 metri d’altitudine.

La vicenda, diventata virale sui social, ha catturato l’attenzione di migliaia di utenti. Non si tratta solo di una disavventura da brividi, ma di un racconto che mescola paura, fortuna e un pizzico di ironia. Dall’escursione tra le montagne nepalesi fino al ritorno rocambolesco in Italia, Valentino ha condiviso tutto con i suoi follower. Ecco i dettagli del suo incredibile viaggio.

Il morso in alta quota: “Stavo dormendo, poi il panico”

Per settimane, Valentino aveva trovato una sistemazione “da sogno”, come l’ha definita lui stesso, immersa nella natura e lontana da qualsiasi rumore urbano. Una notte, però, qualcosa va storto. «Una notte è capitato che un serpente mi mordesse. Da lì è iniziata la mia corsa alla sopravvivenza», racconta.

Il morso arriva nel sonno, in un contesto remoto dove anche il solo parlare di “ospedale” sembra un lusso. La mattina seguente, Cesino capisce subito che deve cercare aiuto. E non è semplice, visto che si trova in una zona montuosa, priva di servizi sanitari attrezzati. Ma il caso vuole che, proprio in quelle ore, passino delle persone su un trattore.

«Per fortuna, quella mattina sono passate delle persone su un trattore. Ho chiesto un passaggio e sono sceso al primo villaggio». Qui trova una piccola clinica. Ma la situazione non migliora. «Non sapevano cosa fare», racconta sconsolato.

Dal Nepal all’India, tra febbre e bagagli persi

Il peggio, però, deve ancora arrivare. L’infezione comincia a diffondersi e le condizioni di Valentino peggiorano. Ha già un biglietto per tornare in Italia (con partenza da Nuova Delhi), ma il volo è previsto quattro giorni dopo. Decide allora di cercare una via d’uscita alternativa: partire dal Nepal verso l’India per cercare un aeroporto e accorciare i tempi.

In preda a febbre alta, vomito e diarrea, si mette su un autobus diretto verso il confine. Ma durante una sosta per andare in bagno, vive l’incubo peggiore: «Quando sono uscito dal bagno, l’autobus era andato via. Dentro c’erano tutte le mie cose».

Mostrando il biglietto dell'autobus alla gente del posto, è riuscito a trovare un uomo che conosceva l'autista.
Mostrando il biglietto dell'autobus alla gente del posto, è riuscito a trovare un uomo che conosceva l'autista.

Panico totale. In un villaggio sconosciuto, senza valigia, senza telefono e senza forze. Ma ancora una volta, qualcosa gira a suo favore. Preso anche un po' dalla disperazione, mostra il biglietto dell’autobus agli abitanti e un uomo gli dice di conoscere l’autista. Lo contatta, e – miracolosamente – Valentino riesce a recuperare almeno i bagagli. A quel punto, si informa su come raggiungere Nuova Delhi e, finalmente, ci riesce.

Il ritorno in Italia e il responso dei medici

Rientrato in Italia appena in tempo, Cesino si reca subito al reparto malattie infettive di un ospedale. Sul corpo sono comparse delle bolle di pus, oltre alle croste di sangue raffermo per la ferita causata dal morso. Le preoccupazioni crescono. Ma i medici escludono il peggio: il serpente non era velenoso.

«Mi hanno detto che era solo un’infezione batterica», racconta. Dopo giorni di paura e dolore, arriva la conferma: niente veleno, ma comunque un’infezione seria, presumibilmente curata con antibiotici. La sua salute migliora progressivamente, al punto che ha potuto registrare un video e raccontare la clamorosa esperienza.

Sui social, tanti utenti gli scrivono per complimentarsi con la sua tenacia. Altri fanno notare che, nella sfortuna, è stato incredibilmente fortunato. Sì, perché in quella situazione, le cose sarebbero potute andare molto, molto peggio.

Assicurazione? “Non aveva senso, la clinica era a tre giorni di bus”

Una delle domande più frequenti tra i commenti riguarda l’assicurazione sanitaria. Valentino risponde con grande trasparenza: «Non aveva senso nel posto in cui ero. La clinica affiliata più vicina era a Pokhara, a tre giorni di bus. E ogni volta che ne ho fatta una, trovano cavilli per cui non vale». La vicenda riaccende il dibattito sull’utilità delle assicurazioni viaggio per chi affronta percorsi avventurosi in paesi remoti. Se da un lato la copertura sanitaria è fondamentale, dall’altro emergono difficoltà concrete nella fruizione del servizio quando si viaggia in aree isolate. Qui il video-racconto:

 

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