Indice dei contenuti
Quante volte abbiamo sentito medici, nutrizionisti e pubblicità ripeterci che bisogna mangiare più frutta e verdura? Eppure una giovane biologa ha acceso il dibattito online con una frase che sembra quasi una provocazione: “Le verdure non esistono”. Un’affermazione che ha subito incuriosito migliaia di utenti, diventando virale su Instagram e aprendo una discussione che mescola biologia, linguaggio e abitudini culinarie.
Perché la biologa dice che le verdure non esistono
L’autrice della spiegazione è l’utente @cindynosauros, divulgatrice scientifica e biologa spagnola. In un video diventato popolare, tiene in mano una carota e spiega: “La parola verdura non è un termine scientifico, non esiste in biologia. È un concetto inventato in cucina per classificare in modo pratico ciò che mettiamo nei piatti”.
Secondo la biologa, la categoria “verdura” non ha alcun fondamento nella classificazione botanica. Ciò che chiamiamo comunemente verdure sono in realtà parti diverse delle piante: radici, foglie, bulbi, fusti o frutti. La distinzione nasce dall’uso alimentare, non dalla scienza.
Carote, cipolle e lattuga: cosa sono davvero
Il video prosegue con esempi concreti. La carota che siamo abituati a chiamare verdura, in realtà è una radice. La cipolla è un bulbo. La lattuga è fatta di foglie. Persino il coriandolo, spesso utilizzato come erba aromatica, appartiene alla stessa logica: foglie di pianta che in botanica hanno una funzione precisa.
Questa spiegazione fa emergere una differenza chiara tra il linguaggio della biologia e quello della gastronomia. Quando cuciniamo, ragioniamo in modo pratico: verdura è tutto ciò che non è frutta e che accompagna i piatti principali. Dal punto di vista delle scienze naturali, invece, ogni elemento ha un nome preciso legato alla sua funzione e alla sua struttura.
E il pomodoro? Frutta o verdura?
Tra gli esempi che più colpiscono c’è quello del pomodoro. In cucina è sempre stato trattato come una verdura, ma dal punto di vista botanico è una frutta. Perché? Ha semi e proviene dall’ovario del fiore, caratteristiche che lo collocano nella stessa categoria di mele, pere o pesche. Lo stesso vale per zucchine, melanzane e peperoni, anch’essi tecnicamente frutti.

Questa apparente contraddizione non è nuova: già in passato ha suscitato discussioni, persino legali. Nel 1893, negli Stati Uniti, la Corte Suprema stabilì che il pomodoro dovesse essere considerato verdura ai fini commerciali, perché così lo percepivano i consumatori. Un esempio perfetto di come linguaggio comune e scienza possano divergere.
Un termine utile in cucina, non in biologia
Nel suo video, la biologa chiarisce un punto fondamentale: nessuno sta chiedendo di smettere di usare la parola verdura. In ambito gastronomico rimane un termine utile e comprensibile, un’etichetta che ci aiuta a organizzare la spesa e a parlare di alimentazione. Ma è importante sapere che, dal punto di vista biologico, la verdura non esiste.
Questa distinzione ci ricorda come le parole che usiamo ogni giorno abbiano spesso un’origine pratica e culturale più che scientifica. Continuare a chiamarle verdure non è un errore, purché siamo consapevoli che dietro quel termine c’è un insieme eterogeneo di radici, foglie, bulbi e frutti.
Forse la prossima volta che porteremo in tavola un’insalata di pomodori e cipolle, potremo stupire gli amici dicendo: “Lo sapevi che in realtà stai mangiando frutta e bulbi?”
