Ex vincitore di Masterchef svela la vera ricetta della cacio e pepe: non è come pensate

Ex vincitore di Masterchef ha rivelato la vera ricetta della cacio e pepe: è molto semplice, a differenza di quanto si pensi.

La cacio e pepe è uno dei piatti simbolo della cucina romana, ma spesso viene presentata in versioni elaborate che poco hanno a che fare con la tradizione. Francesco Aquila, vincitore di Masterchef e oggi punto di riferimento per tanti appassionati di cucina sui social come @francesco.aquila.10, ha voluto fare chiarezza, riportando l’attenzione sulla ricetta autentica. Secondo lo chef, la vera cacio e pepe è un piatto semplice, diretto, senza fronzoli, nato dall’ingegno e dalla necessità dei pastori durante la transumanza.

La vera ricetta della cacio e pepe, secondo l'ex vincitore di Masterchef

Aquila spiega che la prima cosa da fare è bollire l’acqua in una pentola capiente e salarla al punto giusto. A differenza delle interpretazioni moderne, il pepe è protagonista assoluto e non un dettaglio. Non basta macinarne uno solo: per rendere il piatto più ricco di sfumature, lui consiglia di usare tre tipi di pepe diverso, pestati e macinati al momento. Questo mix esalta il profumo e dà al piatto quella complessità che sorprende senza bisogno di salse o creme.

Una volta cotti gli spaghetti, meglio se lasciati un po’ al dente, arriva un passaggio fondamentale: la pasta non deve essere mantecata in padella fino a diventare cremosa, come spesso si vede nelle rivisitazioni moderne. Al contrario, Aquila invita a raffreddarla bene, così da bloccare la cottura e preservare la consistenza. È a quel punto che entra in gioco il pepe, che va aggiunto insieme a una generosa quantità di pecorino stagionato, vero protagonista della ricetta. Il risultato non è una crema ruffiana e scivolosa, ma un piatto asciutto e deciso, che lascia emergere i sapori autentici degli ingredienti.

cacio pepe
La cacio e pepe dell'ex vincitore di Masterchef, fonte: Instagram

Lo chef ricorda che la ricetta nasce proprio dalla praticità dei pastori. Durante i lunghi viaggi della transumanza, avevano bisogno di alimenti semplici ma funzionali. Il pepe nero serviva come stimolante di calore, il pecorino stagionato garantiva proteine e resistenza nel tempo, mentre la pasta era una riserva preziosa di carboidrati per affrontare le fatiche del cammino. Una combinazione essenziale che univa sostegno fisico e gusto. Alcuni studi hanno testimoniato come questo piatto è il più ordinato dalle persone che sanno mangiare bene.

Il trucco del canovaccio

Non solo. Aquila rivela anche un dettaglio curioso che racconta l’ingegno di un tempo. I pastori, dopo aver condito la pasta, la avvolgevano in un canovaccio. In questo modo la rendevano più facile da trasportare e potevano consumarla anche ore dopo, mantenendo intatti sapori e consistenza. Un gesto pratico che oggi può sembrare insolito, ma che testimonia l’origine rustica e concreta di questo piatto.

La cacio e pepe moderna, spesso trasformata in un gioco di tecniche culinarie, rischia quindi di perdere l’anima. Per Aquila non deve essere una pasta ricoperta da una salsa densa e uniforme, ma un incontro diretto di ingredienti che parlano da soli. Niente panna, niente burro, niente emulsioni elaborate. Solo pasta, pepe e pecorino. Tre ingredienti, tre sapori netti, un equilibrio che si regge sulla semplicità.

Il messaggio dello chef è chiaro: dietro la cacio e pepe non c’è solo una ricetta, ma un pezzo di storia popolare. È un piatto che nasce dalla necessità e che porta con sé il racconto della vita dei pastori, dei loro spostamenti, delle loro giornate faticose. Portarlo in tavola oggi significa rispettare quella tradizione, senza cadere nella tentazione di arricchirlo con elementi che ne snaturano l’essenza.

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