Lombardia, visita il negozio di oggetti di provenienza giudiziaria: "Pezzi rari a prezzi ottimi"

Camilla Da Rocha, content creator italiana conosciuta su Instagram come @laposhhhhhh, ha mostrato ai suoi follower un luogo che pochi conoscono: un negozio di beni di provenienza giudiziaria a Brescia, in via Dalmazia 135. Non si tratta di un punto vendita qualunque, bensì di un esercizio autorizzato a commercializzare oggetti sequestrati o provenienti da fallimenti e procedure concorsuali. Un luogo che non tutti conoscono perché, per ovvi motivi, non fa pubblicità dirette. Una visita che ha acceso curiosità, discussioni e anche qualche polemica.

Come funzionano i negozi di provenienza giudiziaria

In Italia esistono punti vendita autorizzati che ricevono beni dai tribunali tramite gli Istituti di Vendita Giudiziaria (IVG). Questi enti hanno il compito di custodire e vendere gli articoli sequestrati o derivanti da procedure fallimentari. Prima di essere esposti sugli scaffali, i beni vengono valutati attraverso perizie ufficiali che stabiliscono il prezzo di vendita.

Il vantaggio principale è evidente: i prezzi sono abbattuti dal 50% al 90% rispetto al valore di mercato. In questo modo gli acquirenti trovano articoli di qualità a cifre ridotte, mentre i tribunali riescono a massimizzare i ricavi destinati ai creditori delle aziende coinvolte.

Dai piatti in porcellana ai maglioni in cashmere

Il video di Camilla Da Rocha mostra chiaramente la varietà degli oggetti disponibili. Nella sezione dedicata alla cucina, compaiono bicchieri di Carlo Moretti venduti a 175 euro per sette pezzi, servizi di porcellana Herend, Bernardaux e Baccarat, fino a cinque piatti fondi della Ginori a soli 30 euro. Prezzi che, secondo la content creator, risultano “veramente molto bassi” rispetto al valore originario.

Non mancano i complementi d’arredo, quadri, stampe e mobili come tavolini e cassettiere. La sezione abbigliamento sorprende ulteriormente: tra i capi spiccano maglioni in puro cashmere venduti a 28 euro ciascuno, un’occasione difficile da trovare nei negozi tradizionali. La stessa Camilla racconta di aver acquistato piatti e tazzine per sé, approfittando dei prezzi vantaggiosi.

Non solo tazzine, piatti e bicchieri: ci sono anche beni di abbigliamento
Non solo tazzine, piatti e bicchieri: ci sono anche beni di abbigliamento

Finalità e regolamentazione delle vendite

Questi negozi non sono semplici outlet, ma strutture create per valorizzare beni sequestrati o provenienti da fallimenti. Il ricavato delle vendite, al netto delle commissioni stabilite dalla legge, viene versato direttamente alle procedure giudiziarie. Se nessuno reclama un bene entro tre mesi dalla vendita, il denaro confluisce nella cassa delle ammende. Nei casi in cui un oggetto risulti difficile da custodire o rischi di deteriorarsi, il magistrato può autorizzarne la vendita anche prima della conclusione del procedimento.

La disponibilità degli articoli rimane limitata. Una volta esaurito un lotto, bisogna attendere nuove immissioni provenienti da altre procedure. Questo meccanismo rende ogni visita al negozio un’esperienza diversa, in cui si possono trovare articoli unici e introvabili.

Le reazioni del pubblico e il dibattito online

Il video della content creator ha generato centinaia di commenti. Molti ringraziano per aver segnalato un luogo che, pur non pubblicizzato, permette di comprare oggetti di qualità a prezzi contenuti e di ridare vita a beni che altrimenti resterebbero a prendere polvere in deposito. Per alcuni utenti si tratta anche di una scelta sostenibile, capace di ridurre sprechi e favorire il riuso.

Altri, invece, criticano il tono entusiastico del contenuto. Ricordano che dietro a quegli oggetti ci sono storie difficili: aziende fallite, posti di lavoro persi, famiglie in crisi. Alcuni commenti sottolineano che comprare questi beni significa anche confrontarsi con la sofferenza economica e giudiziaria di chi li ha persi.

In difesa di Camilla, un utente ha scritto un commento che ha superato i 300 like: “Ma tutti quelli che la insultano… vi rendete conto di quello che scrivete? Mi state dicendo che se trovate una casa all’asta a 50.000 euro, con un valore di 150.000, non la comprate perché era di una famiglia che ha sofferto? Adesso ci credo”. Una posizione cinica ma realistica, che ha diviso ulteriormente l’opinione pubblica.

 

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