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Fare l’assistente di volo ha sempre esercitato un fascino enorme tra giovani donne (soprattutto) e uomini: viaggi in tutto il mondo, soggiorni in hotel di lusso e la possibilità di conoscere culture diverse. Da adulti ci si rende conto che il lavoro dei sogni non esiste. Dietro l’immagine patinata, emergono lati meno scintillanti che solo chi vive quotidianamente tra check-in e imbarchi può raccontare. A parlarne è Estelle Jones, assistente di volo della compagnia Emirates Airlines, che ha condiviso su TikTok la parte più logorante del suo lavoro.
Quando il viaggio diventa routine e non più piacere
Jones ha spiegato che, dopo settimane di voli consecutivi, anche le ferie perdono sapore. «Finalmente ho ottenuto i miei giorni di congedo – racconta – ma devo ricominciare a preparare la valigia, andare in aeroporto, salire su un aereo, adattarmi a un nuovo fuso orario e dormire in un letto che non è il mio». Secondo lei, viaggiare (in aereo) nel tempo libero non equivale più a staccare la spina, perché la mente associa automaticamente la vacanza a un’altra lunga giornata di lavoro. E se all’inizio tutto sembrava un sogno, con il tempo quella magia si è trasformata in abitudine.
La stanchezza di vivere sempre con una valigia pronta
Chi lavora come assistente di volo conosce bene la sensazione di avere costantemente una valigia pronta accanto alla porta di casa. Molti colleghi di Jones hanno confermato la stessa difficoltà: l’idea di affrontare un viaggio durante i giorni liberi li affatica ancora prima di partire. Una hostess con oltre otto anni di esperienza ha ammesso di preferire restare a casa durante le ferie, evitando del tutto aeroporti e imbarchi. Un’altra collega ha confessato di prenotare il proprio congedo solo per restare a letto e recuperare il sonno perso.

Il burnout tra gli assistenti di volo
Il fenomeno descritto da Estelle rientra in quello che oggi viene definito job burnout, una sindrome riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e caratterizzata da esaurimento emotivo, cinismo e calo di produttività. Secondo un recente report, oltre il 40% dei lavoratori americani sperimenta sintomi di burnout legati allo stress costante. Per gli assistenti di volo, la situazione è amplificata da turni irregolari, jet lag e dall’impossibilità di mantenere una routine stabile.
Anche se molte compagnie aeree – tra cui American Airlines e Southwest Airlines – offrono ai dipendenti vantaggi come viaggi gratuiti o a prezzi ridotti, il privilegio rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio: l’idea di salire nuovamente a bordo per piacere, dopo decine di ore passate a servire passeggeri, appare come una condanna piuttosto che un’opportunità.
La necessità di separare vita privata e professionale
L’esperienza di Estelle mette in luce un aspetto cruciale: quando la propria professione coincide troppo con l’ambito del tempo libero, il confine tra lavoro e relax svanisce. Molti lavoratori desiderano fuggire dall’ufficio per ricaricarsi; per gli assistenti di volo, invece, anche un viaggio turistico richiama la quotidianità della cabina. In questo senso, la ricerca del benessere passa spesso per attività completamente diverse dal volo: leggere, cucinare, praticare sport o semplicemente riposare nel comfort della propria casa.
La voce di chi vive il cielo ogni giorno
Il video di Jones ha generato centinaia di commenti da parte di colleghi che hanno confermato il suo punto di vista. Un membro dell’equipaggio ha commentato: «È un inferno puro dover affrontare ancora una volta campanelli e passeggeri». Un altro ha aggiunto: «Basta solo l’idea di un aeroporto e già mi sento stanca». Queste testimonianze rendono evidente che il problema non riguarda solo una persona, ma un’intera categoria di lavoratori che, dietro al sorriso in cabina, nasconde spesso un grande affaticamento.
Il cielo rimane affascinante, ma per chi lo attraversa ogni giorno, non sempre rappresenta libertà. A volte, l’unico desiderio è restare con i piedi ben saldi a terra.
