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Salvador Dalí non è stato soltanto uno dei massimi esponenti del surrealismo, ma anche un personaggio capace di trasformare moltissimi gesti quotidiani in atti creativi. Tra le sue abitudini più curiose spicca quella, raccontata recentemente dalla content creator @mindofjulia, di non pagare quasi mai il conto al ristorante. L’artista catalano, con la sua genialità e la sua eccentricità, aveva trovato un modo unico per saldare i debiti, trasformando anche il momento del pagamento in un’opera d’arte.
Il trucco geniale di Dalí per non pagare mai il conto
Quando arrivava il momento di pagare, Dalí firmava un normale assegno, ma con la stessa penna aggiungeva un piccolo disegno originale, creato sul momento. Nove volte su dieci, il ristoratore sceglieva di non incassare quell’assegno: lo conservava, consapevole del valore artistico di quella firma accompagnata da un bozzetto inedito. In pratica, Dalì riusciva a cenare gratis, nel senso che l'assegno da lui firmato non veniva quasi mai riscosso, assegno che con il tempo sarebbe valso molto più del conto.

Ancora oggi, alcuni ristoranti storici in Spagna (quelli ancora aperti, parliamo di un artista vissuto dal 1909 al 1989) conservano con orgoglio gli assegni firmati da Dalí, esposti come cimeli artistici. In quelle firme si legge la sua ironia, la consapevolezza del proprio mito e il desiderio di sfidare le convenzioni economiche e sociali del suo tempo. Per lui, l’arte non aveva prezzo, e neppure il pranzo.
Un personaggio fuori da ogni schema
L’artista di Figueres non era eccentrico solo a tavola. Curava ogni dettaglio della propria immagine pubblica: i celebri baffi a manubrio, che chiamava “imperiali e irrazionali”, erano modellati verso l’alto come simbolo del suo “misticismo verticale”. Amava indossare abiti teatrali, bastoni decorati, cravatte sgargianti e accessori dandy che ne amplificavano la presenza scenica. Ogni apparizione di Dalí era una performance, una messa in scena in cui l’arte invadeva la vita quotidiana.
Durante le sue conferenze, non esitava a sorprendere il pubblico. In un episodio rimasto celebre, si presentò con un completo da palombaro, casco incluso, per rappresentare la discesa nelle profondità del subconscio. Rischiò persino di soffocare, ma il pubblico, convinto che fosse parte dello spettacolo, continuò ad applaudire.
La cucina surrealista: tra genio e provocazione
Il rapporto di Salvador Dalí con il cibo era altrettanto originale. Considerava il pasto un’esperienza estetica e sensoriale, non solo nutrizionale. Nei suoi esperimenti gastronomici mescolava ingredienti improbabili: celebre la sua insalata di pollo con salsa al cioccolato o la zuppa di pomodoro con un ciuffo di capelli finti, provocazione che rappresentava l’assurdo e l’inconscio.
Dalì amava anche la Bagna Cauda, piatto piemontese a base di acciughe, aglio e olio d’oliva, che definiva “l’oro dei poveri”. Collaborò persino con lo chef Paul Bocuse per creare “La Méditation”, un gambero gigante servito con salsa allo champagne e aneto. Tutto in lui era teatro e simbolismo, persino il cibo.
Nel 1973 pubblicò il libro Les Dîners de Gala, una raccolta di 136 ricette surrealiste illustrate con fotografie e disegni. Molte erano dedicate a piatti afrodisiaci, ricchi e opulenti, concepiti come un banchetto per gli occhi e per la mente. Il formaggio Camembert, per esempio, ispirò il celebre dipinto degli “Orologi Molli”, simbolo della deformazione del tempo e dell’illusione percettiva.
Arte, denaro e provocazione
Dalí giocò per tutta la vita con il concetto di valore e autenticità. Oltre ai famosi assegni-illustrati, era solito firmare fogli bianchi di carta litografica, consapevole che sarebbero stati usati per creare falsi. Un gesto volutamente ambiguo, una sorta di trolling artistico ante litteram che anticipava il dibattito moderno sul valore dell’arte e della firma.
Per lui, l’opera non finiva nel quadro: la vita stessa era un palcoscenico su cui recitare, un modo per dimostrare che la genialità non obbedisce alle regole del mondo comune. Anche il denaro diventava materia plastica, da piegare con ironia e provocazione al servizio della sua immaginazione.
Una vita come opera d’arte
Chi visitasse oggi la sua casa-museo a Portlligat si troverebbe immerso in un universo surreale: stanze piene di oggetti eccentrici, sculture, uova giganti sui tetti e giochi di specchi. Era l’habitat perfetto per un artista che aveva trasformato la quotidianità in una scena teatrale permanente.
Ogni gesto, ogni abitudine, persino un pranzo al ristorante, diventava per Dalì un’occasione per scolpire la propria leggenda. La sua vita non è mai stata una semplice successione di eventi, ma un capolavoro in continua trasformazione, dove l’arte pagava sempre il conto — letteralmente.
