Non fare niente per non rischiare niente: ecco cosa vuol dire, secondo uno psicologo

Francesco Boz, psicologo italiano molto attivo sui social, ha attirato l’attenzione con un video che affronta un tema che tocca molti: la tendenza a non fare nulla per non rischiare di sbagliare. Una strategia apparentemente sicura, ma che, secondo la psicologia, nasconde dinamiche molto più complesse legate alla paura del fallimento e al perfezionismo passivo.

Quando l’inattività diventa una maschera di perfezione

Boz spiega che alcune persone scelgono di non esporsi, di non prendere decisioni e di non rischiare. A prima vista appaiono impeccabili: non sbagliano mai, dunque non possono essere giudicate e danno l'impressione di avere tutto sotto controllo. Ma dietro questa calma apparente si cela spesso un meccanismo di difesa profondo. “È facile sembrare perfetti quando non fai niente”, afferma lo psicologo nel suo video. L’assenza di azione diventa così un modo per preservare un’immagine ideale di sé, evitando qualsiasi confronto con l’errore o la delusione.

Questo comportamento, che può sembrare prudente o razionale, rientra in una strategia definita dalla psicologia come self-handicapping. Gli psicologi Edward E. Jones e Steven Berglas, nel loro studio del 1978 pubblicato sul Personality and Social Psychology Bulletin, descrivevano questa tattica come un modo per proteggere la propria autostima: se non si tenta, non si rischia di fallire, e quindi non si subisce alcuna critica.

Il legame tra paura del fallimento e identità personale

Dietro il rifiuto di agire si nasconde spesso una forma di paura del giudizio. Chi teme il fallimento preferisce non mettersi mai alla prova. L’obiettivo non è il successo, ma l’assenza di sconfitta. Tuttavia, questo atteggiamento impedisce ogni forma di crescita e di apprendimento. Boz sottolinea che il perfezionismo passivo non è altro che una gabbia: una ricerca costante di sicurezza che annulla la possibilità di migliorarsi.

Francesco Boz ha trattato un tema universale: vale la pena non fare nulla per non rischiare nulla?
Francesco Boz ha trattato un tema universale: vale la pena non fare nulla per non rischiare nulla?

Lo psicologo ricorda come, nel tempo, questa strategia finisca per generare insoddisfazione e stagnazione. La persona che evita i rischi non accumula esperienze, non costruisce competenze reali e, alla lunga, perde fiducia nelle proprie capacità. Non fare nulla diventa una prigione dorata, dove la paura del fallimento si traveste da equilibrio interiore.

La teoria del mindset fisso secondo Carol Dweck

Boz collega il tema anche alla teoria del mindset fisso elaborata dalla psicologa americana Carol S. Dweck nel libro “Mindset: The New Psychology of Success” (2006). Dweck ha distinto tra due tipi di mentalità: quella fissa, che vede le capacità come immutabili, e quella di crescita, che considera gli errori come parte essenziale del percorso di apprendimento.

Chi possiede un mindset fisso tende a evitare le sfide per non rischiare di sentirsi inadeguato. Chi, invece, adotta una mentalità di crescita affronta gli ostacoli con curiosità, accetta la possibilità di sbagliare e trae forza dai tentativi. Nella prospettiva di Dweck, la paura di fallire nasce dal desiderio di mantenere intatta la propria identità: se non provo, non rischio di scoprire di non essere all’altezza.

Boz interpreta questo schema in chiave quotidiana: Diffidate di chi sa sempre tutto senza aver mai provato niente, dice nel suo video. Le persone che sembrano perfette ma non si mettono mai in gioco, aggiunge, raramente hanno qualcosa di autentico da offrire. Al contrario, chi ha il coraggio di tentare, di sbagliare e di ricominciare, sviluppa una sicurezza più profonda e reale.

La forza di chi agisce nonostante la paura

Essere prudenti è naturale, ma scegliere di non agire per evitare il rischio diventa un ostacolo alla realizzazione personale. Boz racconta di provare maggiore rispetto per chi mostra “la faccia stanca e soddisfatta di chi, dopo mille tentativi, è riuscito in qualcosa” rispetto a chi osserva da lontano, pronto a giudicare ma incapace di sporcarsi le mani. La vera crescita, in psicologia come nella vita, passa attraverso l’imperfezione e il tentativo.

Accettare la possibilità di sbagliare significa riconoscersi umani e, soprattutto, liberi. L’azione, anche quando non porta al successo immediato, consente di comprendere meglio se stessi, di adattarsi e di evolvere. È un processo che richiede coraggio, ma che restituisce autenticità.

Fonti: Jones, E. E., & Berglas, S. (1978). Control of attributions about the self through self-handicapping strategies: The appeal of alcohol and the role of underachievement. Personality and Social Psychology Bulletin, 4(2), 200–206.
Dweck, C. S. (2006). Mindset: The New Psychology of Success. Random House.

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