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Ci sono alimenti che conquistano per il loro profumo, come il limone, gli agrumi o la menta, utilizzati non solo in cucina ma anche nei cosmetici. Altri, invece, fanno l’esatto contrario: il loro odore scoraggia anche i più coraggiosi, pur nascondendo spesso un sapore sorprendentemente buono. È il caso dei quattro “cibi dall’odore peggiore al mondo” che il tiktoker Dan Gerstel ha deciso di assaggiare davanti alla videocamera, sfidando se stesso e due dei suoi cinque sensi.
Il durian, il frutto proibito del Sud-est asiatico
Il durian è il re dei frutti tropicali, ma anche il più temuto. In molti paesi del Sud-est asiatico, come la Thailandia o la Malesia, è vietato introdurlo negli hotel e nei mezzi pubblici per via del suo odore persistente, descritto da alcuni come una combinazione di cipolla marcia e formaggio stagionato. Quando Dan apre il frutto, l’aria si riempie immediatamente di quel tipico sentore che lascia pochi dubbi.
«Sembra una banana parecchio spessa», commenta osservandolo. Dopo il primo morso, la faccia cambia espressione: «Wow, ha il sapore di un mango andato a male». Nonostante la curiosità, il verdetto è chiaro: «Credo che non lo mangerò mai più». Il durian divide il mondo da decenni. Chi lo ama ne apprezza la dolcezza complessa, chi lo odia non riesce nemmeno ad avvicinarsi.
Natto: il sapore della tradizione giapponese
Dal Sud-est asiatico al Giappone, il viaggio continua con il natto, i famosi fagioli di soia fermentati. È un piatto tradizionale della colazione nipponica, ricco di proteine e probiotici, ma noto per la sua consistenza vischiosa e il profumo pungente. In Giappone rappresenta un vero comfort food, ma per chi non è abituato può risultare difficile anche solo avvicinarlo al naso.
Dan lo assaggia con coraggio, accompagnandolo con un po’ di riso, come fanno i giapponesi. La reazione è immediata: «Oddio, il sapore non è male, ma la consistenza è davvero viscida. Per me è un no anche questo». Eppure, chi vive in Giappone lo considera un cibo che “fa bene al corpo”, simbolo di longevità e salute.
L’uovo centenario, la sorpresa della cucina cinese
Tra i quattro alimenti testati, quello che più sorprende dal punto di vista estetico è l’uovo centenario, noto in Cina come “pi dan”. È un piatto antico, nato secoli fa per conservare le uova attraverso un processo di fermentazione che dura settimane o mesi. Il risultato è un uovo dal guscio scuro, con l’albume di un intenso colore nero-ambra e il tuorlo verde scuro.
«Quando l’ho aperto, sembrava un esperimento da laboratorio», racconta Dan. Eppure, il giudizio finale è positivo: «Questo non è affatto male, anzi! Ha un forte sapore di uovo, è fresco. Lo rimangerei sicuramente». In effetti, l’uovo centenario ha un gusto complesso, leggermente affumicato, che ricorda quello di un formaggio stagionato. Un vero esempio di come l’apparenza, e in questo caso l’odore, possano ingannare.
Surströmming: il pesce fermentato svedese da record
Il gran finale è riservato al surströmming, una specialità svedese famosa in tutto il mondo per essere il cibo dall’odore più forte mai creato. Si tratta di aringa del Baltico fermentata per mesi in barili, poi inscatolata. Quando si apre la lattina, il gas accumulato all’interno sprigiona un odore così potente al punto che in Svezia è stata promulgata una legge che obbliga a consumarlo solo all’aperto.

«Appena ho aperto la scatoletta, sono stato invaso dalle mosche», racconta Dan ridendo ma con un’espressione chiaramente disgustata. «Ragazzi, tecnicamente è pesce dissolto, non sto esagerando». Dopo un assaggio minuscolo, il verdetto è senza appello: sputa tutto e interrompe il video. Sebbene non lo abbia detto esplicitamente, è chiaro che tra tutti, l'aringa svedese sia stato il cibo peggiore in assoluto.
Quando il naso tradisce il gusto
Questa singolare degustazione dimostra quanto l’olfatto influenzi la percezione del sapore. Alcuni alimenti come il durian o il surströmming sono vere sfide per il palato occidentale, mentre altri, come l’uovo centenario, rivelano un gusto sorprendente dietro un aspetto poco invitante. Le culture alimentari del mondo, in fondo, raccontano storie diverse: ciò che per qualcuno è “immangiabile”, per altri è un piacere quotidiano.
