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Ogni guardaroba, da Milano a Tokyo passando per New York, nasconde almeno un paio di jeans. Capo universale, simbolo di libertà e di praticità, è entrato nel linguaggio comune e nell’immaginario collettivo. Molti credono che sia nato a Genova, città marinara per eccellenza, ma la verità è più complessa. Secondo la ricostruzione del profilo TikTok “Denim and Pasta”, l’origine di questo tessuto affonda le radici nel Piemonte medievale e non nella Superba ligure.
Le origini del jeans: un viaggio nel Medioevo europeo
Nel cuore del Medioevo, quando in Europa si tessevano stoffe e nelle Americhe ancora si tendevano archi, il tessuto più diffuso era il fustagno. Si trattava di un intreccio di cotone con lino, canapa o lana, resistente e versatile. Intorno al 1300, i mercanti tedeschi della Svevia, sfruttando i traffici marittimi di Venezia, iniziarono a produrre flanelle di puro cotone, più economiche e morbide. Un’innovazione che, in un certo senso, rappresentò l’inizio del fast fashion medievale.
Parallelamente, nella città di Chieri, in Piemonte, i tessitori perfezionavano un fustagno blu. Il colore proveniva dal guado, una pianta da cui si ricavava una tinta azzurrina tendente al grigio, capace di sbiadire con il tempo. La tecnica di tintura era stata introdotta dai catari, una comunità religiosa perseguitata che aveva trovato rifugio proprio in quella zona. Il risultato era un tessuto resistente ma elegante, apprezzato dai commercianti e destinato a fare strada.
Dal porto di Genova al “Blu di Genes”: come nasce il nome jeans
Il fustagno di Chieri raggiunse presto il porto di Genova, crocevia di mercanti e marinai. Proprio qui il tessuto trovò una nuova vita: i genovesi lo utilizzavano per coprire le merci nelle stive, proteggendole dall’acqua salata e dalla pioggia. Era pratico, economico e, soprattutto, resistente. In breve tempo, il “blu di Chieri” divenne il Bleu de Genes, cioè il “Blu di Genova”, come lo chiamavano i francesi che lo importavano attraverso il Mediterraneo.
Quando il tessuto giunse in Inghilterra, la pronuncia di “Genes” divenne “Jeans”. Da lì, il termine si diffuse in tutta Europa e successivamente nel mondo. Nessuno avrebbe immaginato che un materiale nato tra le colline piemontesi e i porti liguri sarebbe diventato il simbolo della cultura pop del Novecento.
Il contributo francese: dal “Blu di Genova” al “Denim”
Mentre i marinai genovesi usavano il tessuto per lavoro, i francesi iniziarono a reinterpretarlo. Nella regione di Nîmes, nel XVI secolo, i tessitori crearono una variante più fine e resistente, con una trama 3x1 detta sargia diagonale. La tinta proveniva dalle foglie di indaco, pianta arrivata dalle colonie indiane grazie alle rotte commerciali dell’epoca. Da questa produzione nacque il termine Denim, abbreviazione di “de Nîmes”, ovvero “di Nîmes”.

Il denim francese, unito alla tradizione tessile italiana, diede forma al capo che oggi conosciamo come jeans. Nei secoli successivi sarebbe stato adottato dai minatori americani, dai cowboy, dagli artisti e infine dai designer delle grandi maison.
Un simbolo globale con cuore piemontese
Il jeans non nasce dunque a Genova, ma porta impressa l’impronta dell’artigianato piemontese. Senza il fustagno blu di Chieri, forse non avremmo mai indossato questo tessuto che attraversa i secoli senza perdere fascino. La sua storia dimostra quanto la creatività e la manualità italiana abbiano contribuito, secoli fa, a un fenomeno che oggi vale miliardi di euro e continua a rinnovarsi tra innovazione e sostenibilità.
Nel tempo, il jeans è diventato un linguaggio universale. Lo indossano i giovani come simbolo di ribellione e gli adulti come garanzia di comodità e stile. Ma dietro ogni cucitura resta la memoria di un intreccio antico, nato tra Piemonte e Francia e reso immortale dal mare di Genova.
