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“Questa non è una tomba, ma una storia d’amore dipinta, ancora viva dopo tremila anni”. Con queste parole, il content creator @abdelexplores ha aperto un video che in poche ore ha conquistato i social. Ma ciò che molti non sanno è che non si tratta di un set cinematografico o di una ricostruzione in studio: il luogo ripreso è la tomba di Nefertari (QV66), il capolavoro assoluto dell’arte funeraria del Nuovo Regno, oggi purtroppo chiusa al pubblico.
La regina amata da Ramses II e il tempio dell’eternità
Nefertari, “colei per la quale brilla il Sole”, fu la moglie più amata del faraone Ramses II. Quando morì, il sovrano ordinò che per lei fosse scolpito un mausoleo degno di una dea. Così nacque la tomba oggi chiamata QV66, nella Valle delle Regine, scoperta nel 1904 da Ernesto Schiaparelli, allora direttore del Museo Egizio di Torino. Le pareti del sepolcro non raccontano battaglie o conquiste, ma una poesia visiva sull’amore e la rinascita: ogni colore, ogni linea, è stato pensato per accompagnare la regina nel viaggio verso l’eternità.
Le pitture murali, considerate tra le più belle di tutto l’Egitto, raffigurano Nefertari che dialoga con gli dei, legge i versi del Libro dei Morti e cammina sotto un cielo costellato di stelle dorate. Il blu intenso del soffitto, ottenuto con lapislazzuli e pigmenti naturali, doveva evocare la volta celeste. E ancora oggi, nonostante i millenni, quei colori conservano una luminosità quasi miracolosa.
Un capolavoro chiuso per sempre al pubblico
Nel 2024, il Consiglio Supremo delle Antichità dell’Egitto aveva ipotizzato una riapertura della tomba dopo un nuovo ciclo di restauri. Tuttavia, come confermato durante il convegno TourismA 2025 di Firenze dalle egittologhe Donatella Franci e Silvana Cincotti, le autorità egiziane hanno deciso di chiudere definitivamente la QV66 ai visitatori. Il motivo è drammaticamente semplice: l’umidità, la traspirazione e le vibrazioni dei passi mettevano a rischio la stabilità dei dipinti murali, restaurati più volte nel corso del Novecento.
Già nel 1986 il Getty Conservation Institute aveva condotto un lungo intervento di restauro durato sei anni, riportando in vita le scene danneggiate. Ma il deterioramento non si è mai fermato del tutto. Per questo, dal 2025, la tomba resta inaccessibile, con nessuna data ufficiale di riapertura prevista. È un atto di tutela, necessario a garantire che le pareti di Nefertari non scompaiano per sempre.
Il profumo del tempo: curiosità che pochi conoscono
Durante il TourismA 2025 di Firenze, una fedele replica in scala 1:1 della tomba è stata presentata in anteprima mondiale. L’allestimento include perfino un “percorso olfattivo”, che ricrea le essenze e gli aromi utilizzati nelle cerimonie funebri reali. Si tratta del primo esperimento multisensoriale mai dedicato alla regina, ideato per restituire al pubblico l’atmosfera che si respirava tremila anni fa nella camera funeraria.

Nel frattempo, al Museo Egizio di Torino, è esposto il corredo funebre originale di Nefertari, custodito nelle stesse vetrine volute da Schiaparelli nel 1904. Fra gli oggetti più affascinanti spiccano gli amuleti in oro, le statuette degli dèi protettori e gli strumenti usati per il viaggio nell’aldilà. Una sezione digitale consente di esplorare virtualmente ogni dettaglio della QV66, compreso il celebre soffitto a stelle dorate, simbolo della via che la regina avrebbe percorso per raggiungere le divinità.
Un’eredità che non muore
Nel video di @abdelexplores, mentre la camera scivola sulle pareti illuminate da una luce calda, la voce fuori campo sussurra: “Ogni muro parla, ogni colore respira. Non è solo arte, è immortalità.” E in effetti, la tomba di Nefertari è molto più di un sito archeologico: è la testimonianza di un sentimento che ha sfidato la morte. Ramses II la chiamava “la mia sposa del Sole”, e la sua memoria, scolpita nella roccia, continua a brillare come il primo giorno.
Chi oggi desidera vivere l’esperienza della QV66 può farlo attraverso le ricostruzioni digitali immersive e le mostre permanenti in Italia ed Egitto. È un modo nuovo di incontrare l’antico: senza toccarlo, ma lasciandosi toccare da esso.
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