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La storia di Caino e Abele, il primo fratricidio dell’umanità
Il racconto di Caino e Abele è uno dei più antichi e conosciuti della tradizione religiosa. Compare nel Libro della Genesi e, con alcune varianti, anche nel Corano. Abele, figlio di Adamo ed Eva, offrì a Dio il meglio del suo gregge; Caino, invece, presentò frutti della terra. Quando Dio accettò l’offerta di Abele ma non quella di Caino, quest’ultimo, accecato dalla gelosia, uccise suo fratello. Fu così che nacque il primo delitto della storia, un gesto che divenne simbolo universale della rivalità e dell’invidia umana.

Il testo biblico narra che, dopo il delitto, Dio mandò due corvi a mostrare a Caino come seppellire il corpo del fratello. Questa scena, ricordata anche nel racconto islamico, segna la nascita del rito della sepoltura. Rakan Munjed, durante la sua visita, ha ricordato proprio questo episodio, indicando l’albero che sorge accanto alla moschea e che, secondo la tradizione locale, discenderebbe dal seme dello stesso albero in cui apparvero i due corvi. Oggi quell’albero ha oltre sette secoli di vita e rappresenta un legame simbolico tra il passato e il presente.
La tomba di Abele nella Nabi Habeel Mosque
La Nabi Habeel Mosque si trova nella zona di Zabadani, a circa venti chilometri a nord-ovest di Damasco, in una vallata verde e ancora poco urbanizzata. L’area è celebre per la sua natura rigogliosa, con prati, ulivi e pini che circondano il santuario. All’interno del complesso, la tomba è custodita in una stanza rivestita di marmo e drappi verdi, illuminata da una luce soffusa. Ai fedeli è consentito entrare, pregare e lasciare piccoli doni o scritti di ringraziamento.
Secondo la tradizione islamica, Abele (in arabo Habeel) è considerato un profeta, e il suo sepolcro è meta di pellegrinaggio da secoli. I cronisti medievali arabi, come Ibn Asakir e al-Dimashqi, citavano già nel XII secolo questo luogo come uno dei più venerati della regione. Oggi, nonostante le difficoltà legate alla guerra e alla situazione politica siriana, il santuario continua ad accogliere viaggiatori, studiosi e credenti di ogni fede.
Un luogo di fede, natura e silenzio
All’esterno della moschea, il panorama è spettacolare. Le colline di Zabadani si aprono su una vallata punteggiata di alberi, con piccoli ruscelli e campi coltivati. È un paesaggio che racconta la Siria meno conosciuta, quella della spiritualità e dell’ospitalità. “Se ve lo steste chiedendo: sì, ne vale assolutamente la pena”, ha detto Rakan Munjed nel suo video. “Venite qui il prima possibile. È un posto che fa riflettere e ti lascia dentro qualcosa di profondo”.
Molti turisti che hanno visitato Nabi Habeel descrivono la sensazione di pace che si prova nel camminare tra i cortili, osservando la natura che circonda la moschea. È come se il contrasto tra il verde intenso e le pietre antiche ricordasse che la vita, nonostante tutto, continua a rigenerarsi. Forse è proprio questo il messaggio eterno della tomba di Abele: la rinascita dopo la colpa, il perdono che segue al dolore, la speranza che rinasce anche nei luoghi dove tutto sembrava perduto.
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