I tacchi alti sono nati per un motivo totalmente diverso da quello che pensi

Tacchi alti: oggi sinonimo di eleganza, moda e seduzione. Eppure la loro origine non ha nulla a che vedere con le passerelle. La storia comincia tra i cavalieri persiani, passa per le chopine veneziane, tocca il teatro greco e romano, esplode alla corte di Luigi XIV e infine entra, con forza, nel guardaroba femminile europeo. Un viaggio secolare in cui equitazione, status sociale e scarsa igiene urbana plasmano un accessorio poi diventato icona universale di stile.

Persia, X–XVII secolo: i tacchi nascono in sella

I tacchi alti entrano nella storia per una ragione pratica: aiutare i cavalieri persiani a incastrare meglio il piede nella staffa e tirare con l’arco restando stabili. Questa funzione è attestata da curatori e musei: le ricerche divulgate dal National Museum of Switzerland e da progetti espositivi come Google Arts & Culture, firmati da storici della moda, collegano le prime calzature rialzate all’uso militare in area persiana tra X e XI secolo e alla successiva adozione in Europa attraverso scambi e alleanze politiche.

Plateau e palcoscenici: Egitto, Grecia e Roma

Molto prima del tacco “moderno”, diverse culture sperimentano calzature rialzate. In Grecia e poi a Roma, gli attori tragici indossano i kothornoi/cothurni, stivali con suole spesse che aumentano l’altezza e segnalano lo status del personaggio sulla scena, come riportano enciclopedie e archivi teatrali specializzati.

Per l’Antico Egitto circola spesso l’idea che alcuni macellai usassero zoccoli o suole rialzate per evitare sangue e scarti. La letteratura popolare lo ripete, ma le prove archeologiche sono deboli: studi museali sull’Egyptian Footwear documentano molte tipologie di sandali e calzature, senza attestare chiaramente l’uso “da macello” come pratica diffusa. Dunque, va citata come ipotesi, non come certezza

Chopine e rango: quando l’altezza diventa potere

Tra fine Medioevo e Rinascimento, in Italia – soprattutto a Venezia – si diffondono le chopine, altissime piattaforme che proteggono piedi e vesti da fango e acqua sporca, ma che allo stesso tempo elevano il rango e lo spettacolo dell’abito. Esemplari museali e studi stimano altezze fino a 50–60 cm, casi estremi che richiedevano equilibrio e talvolta l’aiuto di ancelle

I tacchi alti nel passato erano indossati tranquillamente anche dagli uomini
I tacchi alti nel passato erano indossati tranquillamente anche dagli uomini

Versailles e tacchi rossi: la regia del Re Sole

Nella Francia del Seicento il tacco diventa codice di corte. Luigi XIV usa la moda per disciplinare la nobiltà: concede a pochi tacchi con suole e cuoio rossi, un privilegio che segnala appartenenza e vicinanza al potere. Documentazioni di istituzioni culturali mostrano come, dai primi anni 1670, l’accesso a certi elementi dell’abbigliamento (inclusi i tacchi) venga regolato per controllare lo status.

Dal guardaroba maschile alla seduzione femminile (e allo stiletto)

Tra XVI e XVIII secolo il tacco migra: gli uomini lo continuano a usare come segno di rango, mentre le donne delle élite lo adottano per slanciare la figura e comunicare eleganza. Spesso si cita Caterina de’ Medici (matrimonio del 1533) come protagonista di questa transizione. Gli storici della calzatura ricordano però che la sua “primogenitura” resta discussa: il fenomeno risulta più ampio e graduale, distribuito tra corti e manifatture europee; utile quindi parlare di diffusione aristocratica più che di una singola invenzione.

Nel Novecento il tacchetto si fa stiletto: design e tecnologie (per esempio il gambetto in acciaio) consentono altezze filiformi. Le attribuzioni oscillano tra Roger Vivier, Salvatore Ferragamo e André Perugia, con la critica che tende a riconoscere una paternità condivisa dell’innovazione.

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