Perché i francesi si arrabbiano quando qualcuno prova a parlare la loro lingua? La spiegazione di Andrea Passador

Ah, i francesi! Eleganti, fieri, e — diciamolo — con un certo debole per la loro grandeur. Ma perché si offendono (o almeno sembrano farlo) quando un turista o uno straniero prova a parlare francese con un accento un po’ stonato e con un tono di voce esitante? A spiegarlo, con la solita ironia tagliente, è Andrea Passador, conosciuto online come Prolisso, in un video che ha subito ottenuto diverse migliaia di visualizzazioni TikTok. La scena è familiare: provi a ordinare un caffè con un timido “un café, s’il vous plaît” e ricevi in cambio uno sguardo tra il perplesso e l’offeso. Non è solo un’impressione: dietro quel sopracciglio alzato si nasconde secoli di storia, cultura e... orgoglio nazionale.

Un’eredità lunga quattro secoli: quando il francese dominava il mondo, per poi essere sostituito dall'inglese

Secondo Passador, tutto parte da molto lontano. Nel XVII secolo, la Francia era il centro del mondo. Parigi dettava le mode, le idee, la diplomazia. Parlare francese era un segno di raffinatezza e potere: lo facevano gli aristocratici di mezza Europa, dalla Spagna alla Russia. Era la lingua delle corti, dei salotti e dei trattati internazionali. Tutto, ma proprio tutto, passava per la Francia. Per tre secoli, chi contava parlava francese. I trattati diplomatici si scrivevano in francese, i filosofi illuministi lo diffondevano come simbolo di civiltà. Poi, come in ogni saga storica, arriva la svolta: il Trattato di Versailles. Era il 1919 e, per la prima volta, i documenti ufficiali non vennero redatti solo in francese, ma anche in inglese. Un colpo al cuore della “lingua della cultura”.

Andrea Passador, linguista e divulgatore, ha dedicato un video alla scarsa sopportazione dei francesi verso chi parla la loro lingua senza averla studiata.
Andrea Passador, linguista e divulgatore, ha dedicato un video alla scarsa sopportazione dei francesi verso chi parla la loro lingua senza averla studiata.

L’inglese, veloce, pratico, perfetto per l’era delle macchine e della globalizzazione, si prese la scena. Nel dopoguerra diventò la lingua del cinema, della tecnologia, del potere. Il francese, un tempo regina indiscussa, divenne improvvisamente “una tra le tante”. E i francesi, dice Passador, non l’hanno mai del tutto perdonato. “Questa è una ferita ancora aperta”, spiega nel suo video. Per loro, il francese deve essere parlato bene, con rispetto, come si rispetta un’opera d’arte. Sentirlo storpiato da un accento straniero è come se qualcuno scarabocchiasse sulla Gioconda

Orgoglio o arroganza? Il confine sottile della lingua

Chiamatelo orgoglio, chiamatelo snobismo: i francesi difendono la loro lingua come un bene sacro. E forse, ammette Passador, qualcosa di buono in tutto questo c’è. Perché noi italiani, invece, tendiamo all’opposto. Quando un turista ci dice “buongiorno” con un accento improbabile, lo celebriamo come se avesse appena scalato l’Everest. È un atteggiamento tenero, ma anche un po’ rivelatore. Abbiamo un complesso d’inferiorità linguistica verso l’inglese. Ci sembra una conquista quando un americano prova a dire “ciao”, mentre dimentichiamo che l’italiano è tra le lingue più musicali e storicamente ricche al mondo. “Forse dovremmo imparare dai francesi”, conclude Passador, “non la loro arroganza, ma il loro orgoglio linguistico”.

Essere orgogliosi della propria lingua non significa chiudersi al mondo, ma riconoscere il valore di ciò che abbiamo. In fondo, dietro la presunta “antipatia francese” si nasconde una lezione di identità culturale. Quando difendono la purezza del loro idioma, difendono la loro storia, la loro arte, il loro modo di vedere il mondo.

Forse, la prossima volta che un francese alzerà il sopracciglio davanti al nostro “merci beaucoup”, potremmo sorridere. Non perché ci stia giudicando, ma perché ci sta ricordando che le lingue non sono solo strumenti di comunicazione: sono orgoglio nazionale, memoria e cultura viva.

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