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«Spero di trovare il Principe Azzurro». Quante volte questa frase riecheggia nelle conversazioni di ragazze e donne, tra sogni romantici e aspettative difficili da realizzare in toto. Il Principe Azzurro è diventato l’archetipo dell’uomo perfetto: di bell'aspetto, educato, gentile, affascinante, pronto a difendere e amare la sua donna senza mai tradire il suo ideale di cavaliere. Ma perché in Italia lo chiamiamo proprio “azzurro” e non, ad esempio, “bianco” o “dorato”? La risposta arriva da un curioso intreccio di storia, lingua e cultura, recentemente rilanciato da Andrea Passador, tiktoker molto seguito per la sua attività di divulgazione linguistica.
Il Principe Azzurro nelle altre lingue europee
L’espressione italiana non trova corrispondenze dirette in molte altre lingue. Passador ricorda che in francese l’eroe delle fiabe viene chiamato Prince Charmant, ovvero “principe affascinante”. Lo stesso accade in inglese con Prince Charming, mentre in tedesco appare come der schöne Prinz, il “principe bello”. Alcuni utenti tedeschi hanno fatto notare che nella lingua colloquiale si usa anche Traumprinz, letteralmente “principe dei sogni”. In nessuna di queste lingue, però, il colore azzurro compare accanto alla figura ideale del principe. È quindi un unicum culturale italiano, frutto di influenze che meritano di essere approfondite.
L’ipotesi del legame con i Savoia
Una delle possibili spiegazioni più diffuse collega il colore azzurro alla Casa Savoia. Fin dall’Ottocento, i Savoia adottarono l’azzurro come colore dinastico, lo stesso che ancora oggi indossa la Nazionale italiana in campo sportivo, nonostante i colori della bandiera siano il verde, il bianco e il rosso. Questa teoria sostiene che l’associazione tra nobiltà e azzurro abbia fatto nascere il termine “Principe Azzurro”. Tuttavia, lo stesso Passador sottolinea come questa pista sembri poco convincente, anche perché le prime attestazioni della locuzione non coincidono esattamente con la popolarità dei Savoia.
La pista spagnola e il “sangue blu”
Molto più interessante appare l’origine iberica. Dopo la Reconquista, conclusa nel 1492 con la cacciata degli Arabi dalla penisola iberica, la nobiltà castigliana mise grande enfasi sul concetto di “purezza” della propria stirpe. I nobili, che si vantavano di non lavorare sotto il sole, mostravano una pelle molto chiara. Questa carnagione faceva risaltare le vene, che apparivano di un colore azzurrognolo sugli avambracci. Da qui derivò l’idea che gli aristocratici avessero il sangue blu, contrapposto al sangue rosso dei ceti popolari. Una distinzione che divenne simbolo di superiorità sociale e culturale. Non a caso, in Spagna nacque la locuzione príncipe azul, attestata in varie iscrizioni e testi della fine dell’Ottocento.

Dallo “príncipe azul” al Principe Azzurro
Il termine spagnolo passò presto nelle altre lingue romanze e trovò terreno fertile in Italia, dove la traduzione letterale “principe azzurro” prese piede. Le fiabe romantiche dell’Ottocento, insieme alle trasposizioni teatrali e letterarie, contribuirono a fissare l’espressione nell’immaginario collettivo. L’azzurro, associato alla nobiltà e al sangue blu, divenne il colore perfetto per definire l’uomo ideale delle favole. Nel tempo l’immagine è stata rafforzata dai cartoni animati e dalle versioni cinematografiche di fiabe come Cenerentola e Biancaneve, in cui il principe è elegante, affascinante e sempre vestito con tonalità regali.
Oggi, quando una ragazza racconta di aspettare il suo “Principe Azzurro”, richiama inconsciamente secoli di storia linguistica, culturale e sociale. L’azzurro non è quindi un semplice colore scelto a caso, ma il simbolo di un’aristocrazia che per secoli ha voluto distinguersi dal popolo. La lingua italiana, accogliendo l’eredità spagnola, ha reso quell’immagine parte integrante del nostro immaginario collettivo. Un dettaglio che continua a incuriosire e che spiega perché in Italia il sogno romantico abbia, ancora oggi, la sfumatura dell’azzurro.
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