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Ogni volta che sentiamo "Tizio, Caio e Sempronio" ci viene in mente un gruppetto di sconosciuti, messi lì tanto per fare un esempio. Che è, per grandi linee, il senso dell'espressione idiomatica. Ma chi erano davvero questi tre personaggi diventati i simboli dell’anonimato e della genericità? E perché proprio loro? La risposta arriva da un content creator che fa scuola su TikTok e YouTube: Il Narratore, esperto di linguistica e appassionato di curiosità sulla lingua italiana.
Nel suo video virale, Il Narratore spiega tutto, portandoci in un viaggio linguistico che parte dal Medioevo bolognese e arriva dritto ai giorni nostri. E sì, c'entra anche un certo Irnerio, nome che sembra uscito da un romanzo fantasy e invece è tutto vero.
Dal diritto romano al dialetto di strada: l’origine di Tizio, Caio e Sempronio
Altro che Roma antica, altro che Cesare e Bruto. L'origine dell’espressione "Tizio, Caio e Sempronio" affonda le radici nel Medioevo e non siamo a Roma ma a Bologna. A spiegarlo è Il Narratore: «È un modo di dire antico, nato tra le aule giuridiche medievali. Il merito è di un avvocato di nome Irnerio, considerato uno dei padri fondatori dell’Università di Bologna».

Irnerio, vissuto tra l’XI e il XII secolo, aveva un’abitudine didattica interessante: per spiegare i concetti giuridici usava esempi con personaggi fittizi. I loro nomi? Titius, Gaius et Sempronius. Tre nomi latini molto comuni all’epoca, perfetti per rappresentare l’uomo qualunque. Da lì a diventare "Tizio, Caio e Sempronio", il passo è stato lungo ma naturale, seguendo l’evoluzione della lingua e la voglia di rendere più italianizzato quel latino un po’ ostico.
Quando il latino si modernizza: da Titius a Tizio
Col passare dei secoli, i nomi latini iniziarono a trasformarsi. Titius divenne Tizio, Gaius divenne Caio e Sempronius si accorciò in Sempronio. Non solo: il concetto stesso si sedimentò nel linguaggio comune, tanto da perdere ogni riferimento all’ambito giuridico. Oggi dire “tizio” vuol dire semplicemente “un tale qualsiasi”, e non serve nemmeno completare il trittico. Nel diritto moderno, invece, si è passati a espressioni più tecniche e impersonali. Ma nel parlato, Tizio, Caio e Sempronio sono rimasti, diventando una vera e propria locuzione idiomatica ancora in uso nel 2025, nonostante nessuno chiami davvero i propri figli così.
I cugini stranieri di Tizio, Caio e Sempronio: giro del mondo tra nomi fittizi
Il bello delle espressioni idiomatiche è che ogni lingua ha le sue. E Il Narratore ce lo mostra con una carrellata internazionale che diverte e incuriosisce.
- In inglese, i corrispettivi sono Tom, Dick and Harry. Tre nomi comuni, facilmente riconoscibili e usatissimi per esempio nei quiz di logica o nei rompicapo scolastici.
- In francese, il trio diventa Pierre, Paul et Jacques, altrettanto anonimi e ordinari.
- In spagnolo, si fa addirittura poker: Fulano, Zutano, Mengano y Perengano. Ma già "Fulano" da solo basta a evocare lo sconosciuto di turno, e "Fulanito" ne è la versione più affettuosa o ironica.
- In norvegese, invece, si chiama in causa direttamente l’universo: Gud og hvermann, che tradotto vuol dire "Dio e ogni uomo". Un modo potente per indicare la collettività.
- In Sardegna, infine, la fantasia non manca: Fulanu, Bodale e Nighele. Nomi che suonano familiari ai sardi e che, come in italiano, rappresentano l’anonimato più assoluto.
L’utilità di locuzioni come “Tizio, Caio e Sempronio” è proprio questa: permettere di esprimere concetti generali senza puntare il dito, senza fare nomi veri. È un trucco linguistico per discutere in astratto, per semplificare un discorso senza appesantirlo. Ogni lingua ha bisogno dei suoi “fantocci verbali”, dei personaggi inesistenti che ci aiutano a spiegare le cose della vita. Che sia un esempio in tribunale, un esercizio a scuola o un post polemico sui social, Tizio, Caio e Sempronio ci sono sempre. E non andranno da nessuna parte. Rimanendo in tema, ti sei mai chiesto da dove derivi la parola 'Ciao'? Ecco la risposta.
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