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In ogni grande città italiana, dai vicoli di Napoli ai tetti di Torino, i piccioni sono una presenza costante. Molti li osservano con disgusto, pochi con curiosità. A differenza di altri uccelli, non incutono timore: hanno un becco piccolo, non attaccano praticamente mai l’uomo e conducono una vita tutt’altro che aggressiva. Eppure, il ribrezzo rimane. Perché? La risposta, come spesso accade, non riguarda solo loro, ma soprattutto noi.
“Ratti con le ali”: un’etichetta ingiusta
In molte regioni italiane vengono chiamati “ratti con le ali”. Il motivo è legato al loro comportamento urbano: si nutrono di resti di cibo, frugano tra i rifiuti e spesso si avvicinano ai tavolini dei bar per raccogliere una briciola di cornetto o un pezzo di pizzetta dimenticato. L’immagine del piccione cittadino malato e sporco si è così impressa nell’immaginario collettivo, alimentando diffidenza e fastidio.
Eppure, questa rappresentazione non racconta la verità biologica dell’animale. Il piccione, o Columba livia, ha un istinto di pulizia molto più sviluppato di quanto si creda. Appena trova dell’acqua, cerca di lavarsi, eliminando polvere e parassiti dal piumaggio. Il problema, come sottolineano diversi etologi urbani, nasce dal fatto che le nostre città offrono spazi sporchi, umidi e pieni di rifiuti: un ambiente che li costringe a convivere con malattie e batteri che non appartengono originariamente alla loro specie.
Una storia lunga quanto quella dell’uomo
I piccioni hanno vissuto accanto all’uomo per secoli. Nel passato remoto, erano considerati simbolo di prosperità, purezza e buona fortuna. Nel Medioevo e fino all’Ottocento venivano allevati non solo per la carne, considerata prelibata, ma anche per la loro straordinaria capacità di orientamento. I piccioni viaggiatori trasportavano messaggi attraverso lunghissime distanze, spesso in tempi di guerra o in aree prive di collegamenti rapidi. Celebre è il caso del piccione Cher Ami, decorato con una medaglia al termine della Prima Guerra Mondiale per aver recapitato un messaggio che salvò decine di soldati americani.
Con l’invenzione del telegrafo e, in seguito, del telefono, la loro utilità per l’uomo è progressivamente scomparsa. Gli allevamenti si sono svuotati e i piccioni, ormai liberi, hanno seguito il flusso migratorio umano dalle campagne verso le città industriali. Da animali utili e rispettati, sono diventati presenze indesiderate, sopravvissute nei centri urbani per adattamento, istinto di sopravvivenza e alta velocità riproduttiva.
La spiegazione di Magda: i “dinosauri non estinti”
La content creator spagnola Magda.ue, che nella sua biografia Instagram fa sapere: “Parlo dei dinosauri non estinti”, ha raccontato in un suo video virale le ragioni per cui lei non detesta affatto i piccioni. Secondo lei, questi animali sono 'sporchi' per colpa dell'uomo. “Non sono loro a essere sporchi - spiega - ma le nostre città, che li costringono a vivere tra i nostri rifiuti”.

Magda sottolinea un punto chiave spesso ignorato: il piccione urbano non ha scelto di vivere tra palazzi e cemento. Ci è finito perché l’essere umano lo ha prima addomesticato e poi abbandonato. Con il tempo, la perdita di habitat e la carenza di risorse naturali li hanno resi più vulnerabili, indebolendo il loro sistema immunitario e costringendoli a nutrirsi di scarti alimentari. In altre parole, la loro “sporcizia” è solo un riflesso del degrado ambientale che noi stessi abbiamo creato.
Animali intelligenti e sociali
Studi di etologia urbana condotti presso l’Università di Oxford e la Sapienza di Roma hanno evidenziato che i piccioni possiedono notevoli capacità cognitive. Riconoscono i volti umani, imparano percorsi complessi e riescono a distinguere colori e forme con precisione. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che possono ricordare una persona per mesi, soprattutto se associata a cibo o a pericoli.
La loro intelligenza adattiva spiega perché riescano a sopravvivere in contesti urbani ostili. Cercano spazi caldi per nidificare, come sottotetti o anfratti nei muri, e sanno organizzarsi in gruppi solidali per proteggere i piccoli. Questa capacità di cooperazione, tipica delle specie evolute, è un tratto che li accomuna ad altri uccelli di città come i passeri e i corvi.
Il vero problema è umano
Attribuire ai piccioni la responsabilità del degrado urbano significa ignorare il ruolo dell’uomo nella trasformazione delle città. Quando abbandoniamo rifiuti per strada o lasciamo cibo sui marciapiedi, offriamo loro la principale fonte di sostentamento. Sono animali opportunisti, ma solo perché noi abbiamo creato le condizioni perfette per questo comportamento.
Rivalutare la loro presenza non significa accettare la sporcizia, bensì comprendere che la convivenza tra uomo e fauna urbana richiede equilibrio. Ridurre i rifiuti, pulire gli spazi pubblici e limitare l’accesso agli scarti alimentari potrebbe restituire ai piccioni la possibilità di vivere in modo più sano e, forse, restituire anche a noi uno sguardo meno ostile verso un animale che, dopotutto, ci accompagna da migliaia di anni. Non sono loro ad aver scelto le nostre piazze. Siamo stati noi, da secoli, a invitarli a restare.
