Indice dei contenuti
La virgola, quel piccolo segno di punteggiatura che usiamo ogni giorno, faceva parte delle lezioni di grammatica dei primi anni della scuola. Manolo Trinci, content creator e linguista noto per aver portato la grammatica su TikTok, ha recentemente sfatato un mito diffuso in un video virale. Le sue parole hanno catturato l’attenzione di migliaia di utenti, mettendo in discussione ciò che credevamo di sapere sulla virgola e sulla congiunzione “e”. In questo articolo, esploreremo il suo ragionamento, supportato da fonti accademiche, per chiarire quando la virgola si usa davvero e perché la punteggiatura non è solo una questione di pause. Preparati a rivedere le tue certezze grammaticali!
La virgola prima della “e”: un errore insegnato a scuola?
Fin dalle elementari, molti di noi hanno imparato una regola apparentemente ferrea: “Mai mettere la virgola prima della congiunzione ‘e’”. Questa norma si applica soprattutto negli elenchi, come nella frase: “Alla festa di Marco c’erano Giovanni, Carla, Lucia e Paolo”. In questo caso, la virgola prima dell’ultima “e” è effettivamente sbagliata, perché la congiunzione introduce l’elemento conclusivo dell’elenco senza bisogno di separazione. Manolo Trinci, nel suo video su TikTok, sottolinea che questa regola è corretta, ma solo in parte. La “e” non sempre svolge una funzione coordinativa pura. A volte, assume un ruolo diverso, che richiede una virgola per chiarezza e precisione.
Secondo il linguista Luca Serianni, autore di Grammatica italiana (1988), la virgola davanti alla “e” è inappropriata negli elenchi coordinati, ma non è un divieto assoluto. La regola scolastica, spesso insegnata in modo rigido, semplifica un concetto più complesso, tralasciando casi in cui la virgola è non solo corretta, ma necessaria. Questa semplificazione ha generato confusione, che Trinci ha deciso di affrontare con un esempio pratico e diretto.
Quando la “e” si traveste da avversativa
La “e” non è sempre una semplice congiunzione coordinativa. In alcune frasi, assume una funzione avversativa, simile a un “ma”. Prendiamo l’esempio di Trinci: “Mi fissava, e non apriva bocca”. Qui la virgola è fondamentale. Senza di essa, la frase perderebbe chiarezza, perché la “e” non unisce due elementi simili, ma introduce un contrasto. La virgola segnala questa opposizione, evidenziando che l’azione di “fissare” si contrappone al silenzio. Come spiega Trinci, la virgola serve a marcare una gerarchia logica, non una pausa casuale.

Questa funzione della virgola è supportata anche da Giuseppe Patota, docente di linguistica italiana, nel suo libro La grande grammatica italiana (2019). Patota chiarisce che la punteggiatura aiuta a strutturare il pensiero scritto, evidenziando relazioni logiche tra le parti di una frase. La virgola prima della “e” avversativa non è un errore, ma una scelta stilistica e funzionale che dà ritmo e significato al testo. Questo uso, però, è spesso ignorato nelle aule, dove si preferisce insegnare regole semplificate.
La punteggiatura non imita il parlato
Un altro mito che Trinci smonta è l’idea che la punteggiatura serva a riprodurre le pause del linguaggio parlato. Molti di noi, da bambini, hanno ricevuto questo consiglio: “Metti una virgola dove faresti una pausa”. In realtà, la punteggiatura ha una funzione logica e sintattica, non solo ritmica. Trinci lo spiega con chiarezza: i segni di punteggiatura, come la virgola, esistono per evidenziare i legami o le gerarchie tra le parti di una frase. Ad esempio, in “Lucia, che aveva studiato tutta la notte, superò l’esame”, la virgola delimita un’incisa, non una pausa arbitraria.
Questo principio trova conferma negli studi di linguistica moderna. Secondo Angela Ferrari, docente di linguistica all’Università di Basilea, in Grammatica e testo (2014), la punteggiatura organizza la struttura informativa di un testo, guidando il lettore nella comprensione delle relazioni sintattiche. La virgola, quindi, non è un semplice “respiro scritto”, ma un segnale che orienta il significato.
