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Etimologia latina di “pupilla”: da pupa alla “bambolina” riflessa
In latino, pupilla è il diminutivo di pupa (“bambina”, “bambola”). I Romani avrebbero osservato che negli occhi dell’altro si vede una figurina rimpicciolita: una “bambolina”. Da qui l’estensione all’anatomia oculare. Fonti autorevoli descrivono proprio questo slittamento di senso: la “pupilla” come foro al centro dell’iride e, insieme, come “piccola bambola” per via del riflesso (Treccani; Oxford Reference; Etymonline; OED).
In italiano moderno manteniamo entrambi i lasciti del latino: pupilla indica la parte nera dell’occhio e, storicamente, è anche il femminile di pupillo nel senso giuridico di “minore sotto tutela”.

Il parallelo greco: κόρη (korē), “fanciulla” e “pupilla”
Il fenomeno non è solo latino. In greco antico la parola κόρη (korē) significa “fanciulla” ma anche “pupilla dell’occhio”. È un perfetto parallelo semantico: l’idea della ragazza/figurina che abita nello sguardo, come un riflesso. Lessici accademici di riferimento confermano questo doppio valore (Liddell–Scott–Jones, e repertori lessicali aggiornati). La metafora della miniatura umana dentro la pupilla, dunque, attraversa più tradizioni linguistiche del Mediterraneo antico.
Il caso giapponese: 瞳 (hitomi), il kanji e il nome proprio
Nel video si citava anche il giapponese. Qui serve una piccola correzione: hitomi si scrive con il kanji 瞳 e significa “pupilla (dell’occhio)”. Il carattere è fonomorfemico: combina il radicale dell’“occhio” 目 con l’elemento fonetico 童 (“bambino; fanciullo”) che fornisce la lettura dō. Dizionari giapponesi spiegano la struttura come 目 (parte semantica “occhio”) + 童 (parte fonetica) e attestano il significato “pupilla” (Kanjipedia; Jitenon/JapanDict).
Un dettaglio culturale interessante: Hitomi è anche un nome proprio femminile piuttosto diffuso in Giappone. Può essere scritto proprio con il kanji 瞳 (“pupilla”) oppure con altre combinazioni di caratteri; fonti onomastiche e enciclopediche lo registrano come tale.
“Pupillo”: dal diritto romano al linguaggio di oggi
E il maschile pupillo? Viene dal latino pupillus e per secoli ha indicato il minore sotto tutela di un adulto: un orfano o, più in generale, un soggetto affidato a un tutore. In italiano contemporaneo il termine sopravvive in ambito giuridico-storico e in senso figurato: “il preferito, il protetto, il cocco” di qualcuno (Treccani; Hoepli; De Mauro). La parentela con pupilla è visibile sia nella forma sia nel nucleo semantico (“bambino/bambina”), mentre l’accezione anatomica della femminile ha corso a sé, consolidata dall’immagine del riflesso.
Curiosità linguistiche utili e parole chiave correlate
Nell’uso corrente, pupilla rimane la “finestra” che modula la luce in ingresso: si dilata (midriasi) al buio e si restringe (miosi) alla luce. Nei testi medici o divulgativi potresti imbatterti anche in termini come “riflesso rosso” o, se il riflesso appare bianco in foto e ambienti scuri, leucocoria. La terminologia oculistica conferma che il lessico popolare e quello tecnico si toccano proprio attorno alla pupilla e ai suoi riflessi. Per chi ama le parole: il percorso etimologico collega pupilla (pupa) con il greco κόρη e con il giapponese 瞳 (hitomi), mostrando una sorprendente convergenza simbolica. Guardare negli occhi ha sempre significato, per molte lingue, vedere una “piccola persona” al loro interno.
